Rabbit Hole

Titolo Originale: Rabbit Hole
Nazione: U.S.A.
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 90'
Regia: John Cameron Mitchell
Sito ufficiale: http://www.rabbitholefilm.com/index.html
Sito italiano: www.videa-cde.it/rabbithole
Cast: Nicole Kidman, Aaron Eckhart, Sandra Oh, Dianne Wiest, Jon Tenney, Tammy Blanchard, Giancarlo Esposito, Miles Teller, Patricia Kalember
Produzione: Olympus Pictures, Blossom Films, Odd Lot Entertainment
Distribuzione: VIDEA CDE
Data di uscita: Roma 2010
11 Febbraio 2011 (cinema)
Trailer:

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Becca (Nicole Kidman) e Howie Corbett (Aaron Eckhart) sono una coppia felicemente sposata il cui mondo perfetto cambia per sempre quando il figlio Danny (Phoenix List) rimane vittima in un incidente. Lei, ex donna in carriera trasformatasi in casalinga, cerca di ridefinire la propria esistenza in un paesaggio surreale di amici e famigliari carichi di buone intenzioni, fino a trovare conforto in una misteriosa relazione con un giovane e inquieto artista di fumetti, Jason (Miles Teller). L’ossessione di Becca per l’uomo la distrae dal ricordo di Danny, mentre Howie si immerge nel passato, cercando rifugio negli estranei che gli offrono ciò che Becca è incapace di dare. I Corbett, entrambi alla deriva, finiranno per prendere sorprendenti e pericolose decisioni nello scegliere il cammino che determinerà il loro destino.

Rabbit Hole
Superare il dolore otto mesi dopo la morte dell’unico, piccolo, figlio. E’ questo il fondamento alla base di Rabbit Hole, premio Pulitzer (migliore opera teatrale) nel 2007 ora arrivato con una sua veione cinematografica. Può continuare un matrimonio in cui l’amore che un tempo legava è ormai sommeo dalle macerie di una tragedia così profonda ed imponente, una di quelle che oltre ad uccidere il presente, modificano per sempre anche le proprie peonalità future?
Il regista John Cameron Michell, autore fino ad oggi dei trasgressivi ed interessanti Hedwig e Shortbus, vira il proprio stile veo una storia intimista e delicata senza perdere quanto a qualità. Riesce a dare respiro ad una storia peata per il palcoscenico, sfruttando la potenzialità degli esterni (il verde del parco come nuovo stimolo per un riaffacciai alla vita, le strade del quartiere come ulteriori pareti di un ambiente da cui non si riesce ad uscire) e dirigendo alla grande i suoi attori. E’ vero che Nicole Kidman, qui finalmente alle prese con un ruolo drammatico, ha voluto fortemente la realizzazione di questo film tanto da esserne produttrice - tanto era sicura che avrebbe potuto valorizzare le sue doti di attrice dopo una serie di flop - ma i risultati gli danno ragione. Nonostante il suo volto non sia più quello di un tempo, continuamente mutato da botulini o lifting dai dubbi effetti benefici, la sua inteità interpretativa è rimasta inalterata. Sullo stesso livello si muove Aaron Eckhart, già alle prese con storie di lutti familiari, come avvenuto nel recentissimo Qualcosa di speciale (con Jennifer Aniston, si parlava di un marito dopo la morte della moglie): la sua prova è da incorniciare. Iomma, cast e regia sono più che validi e allo stesso tempo non si può parlare male di una sceneggiatura che non ricorre a soluzioni banali, che siano l’adulterio o il ricoo alla nascita di un altro bambino, per imprimere radicali svolte narrative e mettere di fronte i protagonisti davanti a nuove situazioni ed emozioni, ma al contrario scava all’interno dello stesso sentimento di spaesamento, rigetti e disperazione arrivando bene o male ad un punto diveo. Purtroppo però, tutto questo non basta fino in fondo. Per quanto non si tratti di un lavoro ricattatorio nei confronti del pubblico, ricercandone continuamente tristezza e lacrime, l’intera pellicola tenta poche volte di alleggerire la propria narrazione, ierendo addirittura un secondo lutto (il fratello eroinomane) che sottolinea la malcelata intenzione di infierire, almeno un poco, sui protagonisti (come al solito ricchi e senza alcuna preoccupazione che sia divea dall’andare avanti psicologicamente). E’ difficile scrivere un film che tratti il dolore di un evento così reale (e proprio per questo più coinvolgente) senza apparire retorici. Rabbit Hole ci riesce, ma purtroppo lo fa con alcuni difetti che, a seconda dei punti di vista, possono anche apparire fondamentali per il giudizio complessivo. Data l’accuratezza tecnica e recitativa, vale comunque la pena guardarlo per faene quantomeno una propria, e sempre legittima, opinione.
La frase:
- Io non voglio traslocare
- Ed io non voglio un altro bambino.
Andrea D'Addio
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