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Scheda Film: Patria

Patria



Titolo Originale: Patria
Nazione: Italia
Anno: 2014
Genere: Drammatico
Durata: 87'
Regia: Felice Farina
Sito ufficiale:

Cast: Francesco Pannofino, Roberto Citran, Carlo Giuseppe Gabardini
Produzione: Nina Film
Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà
Data di uscita: Venezia 2014 - Giornate degli autori
26 Febbraio 2015 (cinema)


Trailer: Trailer

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La fabbrica chiude e licenzia, l’ennesima nel torinese. Addio posti di lavoro, addio identità, addio certezze. Salvatore Brogna, operaio, si arrampica sulla torre della fabbrica, per protesta o forse solo per rabbia cieca, minacciando di buttarsi giù. Giorgio, operaio rappresentante sindacale, di carattere e fede politica del tutto opposti, arriva per salvarlo dalla caduta. Il terzo, ipovedente e autistico, custode assunto come categoria protetta, si aggiunge scalando eroicamente la torre per fare loro compagnia. Nell’arco di una notte, abbandonati da tutti, nella disperata attesa che arrivi qualche giornalista, questi tre punti di vista così diversi sul mondo ripercorrono gli ultimi trent’anni della vita del Paese, gli anni che li hanno portati su quella torre pericolosa. Anni di occasioni sprecate, di speranze tradite, di crimini e stragi, di ribaltoni e giochi di potere. Li rivediamo anche noi questi anni attraverso il montaggio del materiale d’archivio e, come contraltare di questa danza perversa degli eventi, quasi a rimarcarne l’assurdità, rimane il semplice buon senso di tre uomini senza alcun potere, appesi in cima ad una torre, che aspettano qualcuno, chiunque, mentre senza accorgersene costruiscono un’amicizia.



L’operaio di destra che, per protesta o, forse, per rabbia cieca, si arrampica sulla torre della fabbrica torinese che chiude e licenzia i propri dipendenti presenta i connotati di Francesco Pannofino; mentre è il Roberto Citran visto, tra l’altro, in “Notturno bus” (2007) e “Zoran, il mio nipote scemo” (2013) ad incarnare il collega e rappresentante sindacale di carattere e fede politica del tutto opposti che, accorso per salvarlo dalla caduta, gli si ritrova accanto.
Insieme ad un ipovedente ed autistico custode assunto come categoria protetta ed interpretato dal Carlo Giuseppe Gabardini de “Il cartaio” (2004) e “Si può fare” (2008), il quale li raggiunge per fargli compagnia nell’arco di una notte che, nell’attesa dell’arrivo di qualche giornalista, li porta a ripercorrere gli ultimi trent’anni di storia italiana.
Trent’anni spazianti, tramite immagini di repertorio, dal caso Moro ai boss mafiosi Totò Riina e Bernardo Provenzano; passando per il crack del Banco Ambrosiano, la vittoria della nazionale ai mondiali di calcio del 1982, dichiarazioni dell’imprenditore Gianni Agnelli e di Enrico Berlinguer.
Perché, man mano che si giunge agli attentati che hanno causato la morte dei magistrati Paolo Borsellino e Giovanni Falcone e che viene asserito sia che lo Stato deve garantire il lavoro, sia che il paese tricolore è stato rovinato dal malcostume e dal malaffare, presenta quasi il respiro di una variante più economica e meno ironica de “La mafia uccide solo d’estate” (2013) di Pif l’insieme messo in piedi da Felice Farina – autore di “Condominio” (1991) e de “La fisica dell’acqua” (2009) – traendo ispirazione dal libro “Patria” di Enrico Deaglio.
Insieme che, a suo modo quasi caratterizzato – soprattutto a causa della atipica idea di partenza – da un certo retrogusto di genere, sembra tenere in considerazione anche la lezione impartita dal classico della Nouvelle vague “Hiroshima mon amour” (1959) di Alain Resnais per quanto riguarda la maniera di legare i documenti visivi accumulati e lo svolgersi del racconto presente.
Racconto girato con professionalità ed impreziosito dalla lodevole prova del trio di protagonisti, ma che, oltre a sfoderare una serie di fatti storici destinati ad apparire chiari quasi esclusivamente agli occhi di chi già ne è a conoscenza, finisce per lasciar avvertire un certo eccesso di carne al fuoco quando arriva addirittura a tirare in ballo un allucinato momento animato... e, superata la parentesi riguardante Tangentopoli e Bettino Craxi, non si riduce altro che all’ennesimo, banale attacco da schermo nei confronti dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi; testimoniando ancora una volta, di conseguenza, che il cinema sfornato dallo stivale del globo d’inizio XXI secolo non sappia fare altro che continuare a rimuginare e piagnucolare sul passato, senza proporre qualcosa di nuovo e, soprattutto, che possa rivelarsi utile per influenzare un diverso futuro dietro la macchina da presa.

La frase:
"Lo sai perché avete sempre odiato a Berlusconi voi? Perché siete tristi".

a cura di Francesco Lomuscio

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